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Il governo britannico punta a stimolare lo sviluppo delle rinnovabili dal basso. Da qui al 2020, stima il Department of Energy and Climate Change (DECC), dai progetti a partecipazione comunitaria possono venire fino a 3 GW di potenza tra eolico, fotovoltaico e idroelettrico, cioè fino al 14% della potenza installata da queste fonti e fino all'1,4% della domanda elettrica britannica: abbastanza energia da soddisfare i bisogni di circa un milione di case inglesi. Londra, conscia dei vantaggi economici e sociali impliciti, vuole fare in modo che ciò accada e per questo ieri ha lanciato la sua strategia per incentivare i progetti di energia pulita delle comunità locali.

fotovoltaico gran bretagnaUn pacchetto di misure che mette sul tavolo fondi e strumenti per rendere più facile ai cittadini organizzati collettivamente di produrre o risparmiare l'energia che usano. Nel piano c'è un fondo da 10 milioni di sterline per far partire iniziative comunitarie di produzione energetica, che va ad aggiungersi a un altro fondo analogo da 15 milioni, operativo da giugno scorso e riservato alle comunità rurali. C'è poi un ufficio “one stop shop” che darà consulenza nella pianificazione e nella realizzazione dei progetti. Si istituisce una competizione con 100mila sterline di premio per la comunità che riesce ad ottenere il maggior risparmio energetico e si stanzia un altro milione di sterline per finanziare il Big Energy Saving Network, un vero e proprio programma porta a porta rivolto alle famiglie più povere per aiutarle a risparmiare sulla bolletta con interventi di efficientamento energetico.

Manca invece un'indicazione precisa – che qualcuno si aspettava prima della presentazione del piano – su come e quanto i grandi produttori di energia debbano garantire una partecipazione dei cittadini ai loro progetti (ad esempio in Danimarca nei progetti eolici una quota del 20% della proprietà è riservata alle comunità locali). Il DECC si limita a riportare l'impegno assunto dall'industria delle rinnovabili a “facilitare un aumento sostanziale della proprietà condivisa dei nuovi impianti a fonti rinnovabili installati a terra”.

Altre misure ancora sono descritte nel piano, ma restano da attuare: una riforma dei sistemi incentivanti che favorisca i progetti a partecipazione comunitaria; semplificazioni normative; cambiamenti alle regole da concordare con Ofgem, l'Aeeg britannica, per rendere più facile alle comunità la vendita diretta di elettricità e la predisposizione di strumenti che facilitino l'accesso al credito.

Le dichiarazioni dei vertici del DECC parlano di una svolta epocale verso l'energia dal basso: "La Coalizione è determinata a far esprimere questo potenziale, assistere le comunità nel raggiungimento dei loro obiettivi e portare avanti la rivoluzione delle generazione distribuita. Vogliamo aiutare più consumatori a divenire produttori in modo da indebolire la stretta delle grandi aziende energetiche”, dichiara il ministro per l'Energia Greg Barker.

D'altra parte i vantaggi di una partecipazione diretta delle comunità locali alla transizione energetica – descritti nel report che accompagna le misure (allegato in basso) – sono molti e nemmeno difficili da immaginare: si rendono più coese le comunità e i benefici economici della decarbonizzazione restano sul territorio sotto forma di risparmio, utili diffusi e creazione di nuovi posti di lavoro.

Le esperienze comunitarie in materia di energia nel Regno Unito già ora non mancano: dal 2008 sono almeno 5mila le comunità che hanno intrapreso progetti grandi o piccoli. Diversi gli esempi citati nel documento che accompagna le misure: uno per tutti il villaggio di Ashton Hayes dove gli abitanti hanno deciso di diventare “carbon neutral”, risparmiando in media di 300 sterline all'anno sulle bollette. Fonte

Community Energy Strategy summary 

Community Energy Strategy